lunedì 14 dicembre 2015

Come si scrive in napoletano?


Come si scrive in napoletano? Esempio pratico tratto da Io la chiamo vita (youcanprint editore)

Ce stanne cose ca je nun bboglio dicere, no, e allora 'e zompo tutte quante. Nun me ne fotte proprie. Nun me ne fotte proprie 'e chi me po ddicere “guarde c’’accusì nun se fa”, je 'o ffaccio e basta.
Ce stanne cose ca je nun bboglio dicere, no, e nunn’e bboglio dicere pecché so’ troppe personale, e me metto nu poco scuorno. Allora 'e vvote 'e ddico mità, ati vvote nun dico proprie niente. Quaccheduna me l’aggio pure 'nventata. 'O fatto è ca overo nun se pò ddicere tutte cose, ma mica pe’ pazzià, mica pecché me sfasterio. Chella è na cosa seria, mica è na pazziella! E je 'o saccio eh, 'o saccio troppo bbuono. Però nun ce pozzo fa niente, m’è vvenuto accussì. E accussì m’’o tengo.
Vulesse verè a vvuje, pare facile a parlà, ma crediteme, è tutte cose, overo tutte cose, tranne ca facile. Je aggio ittato 'o sanghe, e sto ghittanne 'o sanghe pure mo. E nun ve credite, saccio pure ca “excusatio non petita accusatio manifesta”, ma 'o ssapite vuje che bbò dicere a sta 'a chell’ata parta? Nun penzo proprie. Vuje non v’avite maje avutate 'a ccà, pecché a rimané 'a ddò state vuje è meglio. Stateme a sentì. Je 'o saccio.
E sì, sì, è overo, saccio pure ca v’aggio ditto ca je me ne ieve, ca parteve e ca po’ ve faceve sapè tutte cose 'a luntano. Però ch’ c’appizza? Je a decisione l’aggio pigliata overamente, mica apposta! È ca pe nu motivo o pe n’ato p’’o mumento nun m’aggio pututo movere assaje. Avite capite? Nunn’è ca je nun m’aggio muvuto proprie, eh, è ca nun l’aggio fatto ancora definitivamente, però sto llà llà per. E vvuje 'o sappite ca sta llà llà per è 'o piezzo cchiù difficile, ca 'a coda è sempe cchiù tosta d’’a capa e ca 'ngoppo all’albero 'e natale 'a parte cchiù difficile è 'a stella. Vuje sapite tutte cose. Lo so. Nun ve credite ca je so scemo, pecché scemo nun site mmanco vuje.




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Cari lettori, 'O napulitano, il (ragazzo) napoletano, è un blog fondato nel 2015, e che a fasi alterne è attivo ancora oggi. Esso nasce dalla curiosità e dall'amore nei confronti del proprio dialetto. Senza alcuna pretesa 'didattica' in questo spazio si riportano i ragionamenti sulle espressioni più curiose che capitano all'orecchio del fondatore o dei suoi amici. A questi sono affiancati, di tanto in tanto, post con testi poetici, osservazioni sulla lingua scritta, e indicazioni sulla corretta scrittura, tutto ovviamente ancora lungo la linea del buon napoletano.  

Per qualunque tipo di segnalazione o commento, oltre allo spazio lasciato qui sotto, potete scrivere a: perrone.anto@hotmail.com, o cercare su Facebook Antonio Perrone; è infatti possibile pubblicare post e approfondimenti a nome di altri, utilizzando questo blog come un luogo di condivisione pubblica. 

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venerdì 27 novembre 2015

Fatte na pelle!

'A pelle

Qual è l'origine di questa espressione di cui TUTTI  conosciamo il significato? 

'A pelle (ovviamente non quella del nostro corpo) deriva dal latino classico pellex, ovvero "prostituta". Per cui farsi una pelle etimologicamente starebbe a significare "fare sesso con una prostituta", non tanto lontano, dunque, dal significato odierno! 




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mercoledì 25 novembre 2015

'O patapata 'e ll'acqua!

'O patapata 'e ll'acqua! 

Espressione tipicamente napoletana per indicare un forte acquazzone, da dove deriva tale modo di dire?

Secondo alcuni patapata sarebbe un'onomatopea che riproduce il suono dell'acqua che batte sul suolo. Sbagliato.

Patapata sarebbe in realtà una contrazione di pate pate (il padre del padre), che secondo molti rimanderebbe all'immagine di un atavico temporale, simile a un diluvio. Ma siamo ancora lontani dal dare un senso a questa espressione, che va cercata in ambito religioso.

Nel culto mitraico (diffusosi nel tardo impero romano) esiste la figura di un sacerdote supremo che prende proprio il nome di pater patrum - pater patres, per l'appunto "il padre dei padri", ovvero 'o patapata. La forte diffusione di tale orientalismo in ambito italico sarebbe per altro attestata dal fatto che anche il nostro Papa viene chiamato allo stesso modo.

In conclusione 'o patapata 'e ll'acqua rappresenterebbe dunque nu ddio 'e temporale! 



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mercoledì 4 novembre 2015

Come si dice?

Come si dice?



ovvero gli errori più comuni dei non parlanti dialetto

Estate -> Stagione (e non Estat')
Soldi -> Sorde (e non sold' o peggio ancora suord)
Ci vediamo -> Ce verimme (e non c''o bberimmo)




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giovedì 29 ottobre 2015

Scugnizzo

'o scugnizzo

L'etimologia di scugnizzo, ragazzino di strada, è dal latina excuneare, diventato in volgare (e)scugnare, ovvero l'azione che nel gioco dello strummolo serve a rendere inutilizzabile proprio lo strummolo dell'avversario, per l'appunto "scugnannolo", scalfendolo.




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martedì 27 ottobre 2015

'O tauto

TAUTO

Taùto/tavùto (tabbuto in siciliano) indica in napoletano la bara, il feretro. Questo termina ha un'origine orientale, dall'arabo tabu't, con lo stesso identico significato.




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venerdì 23 ottobre 2015

La potenza del napoletano

'O UAJO (da Io la chiamo vita)





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mercoledì 21 ottobre 2015

Mannaggia a Bubbà!

MANNAGGIA A BUBBÀ

Sul significato della parola "mannaggia" ci siamo già espressi qui. Oggi analizziamo una delle tante esclamazioni che si accompagnano a tale maledizione: Mannaggia a Bubbà! 
La frase sarebbe collegata ad un personaggio realmente esistito nella Napoli dell'800, per l'appunto un tale Bubbà, che invischiato perennemente in affari loschi, è poi finito col diventare una sorta di capro espiatorio della lingua napoletana. Mannaggia a Bubbà, perché se succede(va) un guaio, tale Bubbà sicuramente ne è(ra) coinvolto!

Curiosità: In Quei figuri di Eduardo De Filippo è ben rappresentato quanto appena detto.  



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lunedì 19 ottobre 2015

A se stesso, Leopardi in napoletano (pt.2)

A isso


Mo firmete pe ssempe,
Core mije acciso. È fernuto l'urdemo suonno, 
Ca i' nun me penzavo. E invece è fernuto pure isso. Mo 'o ssaccio.
'Ccà nun c'è rimaste niente, né 'a speranza
Né 'o ggenio 'e c'annammurà n'ata vota. 
Firmete. Troppe 
T''e sbattuto. E tutt''o sanghe ittate
Nun serve a niente, né maje nisciune
L'ha vulute. Schifo e sfastirije
Chest'è 'a vita; e 'o munno è mmerda!
Statte. Sbattete l'urdema vota. 
Nunn'ammo avuto maje niente
'A Ddio, tranne ca 'o sfizio 'e murì. 
E mmo schifete sulo tu, e schife tutte cose
Schife a Ddio, e schife chesta brutta
vita ca nun ce fa ato ca male, 
E 'o scuorno senza fine 'e tutte 'e cose.



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martedì 13 ottobre 2015

Sta zoccola!

Zoccola

Come negli ultimi post, anche questa volta analizzeremo un vocabolo singolo molto frequente in napoletano: zoccola, offesa che sta per "prostituta".

Zoccola deriva dal latino volgare succula, a sua volta derivato da sòrcula, piccolo topo.  In napoletano, infatti, questo termine sta ad indicare anche la femmina (gravida) dell'animale. 



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mercoledì 19 agosto 2015

Mannaggia...!

MANNAGG!

Mannaggia 'a culonna... Mannaggia 'o fruttaiuolo... Mannaggia a don Peppino! Insomma, una delle espressioni più colorite ed usate del nostro dialetto. Ma cosa significa -davvero- la parola mannaggia? 

Mannaggia è una "maledizione", nel senso che con questa parola si augura(va) del male alla persona seguita nella frase. Male n'aggia, ovvero male ne abbia, è l'etimologia di questa curiosa parola che, invero, ne è formata da tre. 



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venerdì 24 aprile 2015

'o napulitano: L'infinito di Leopardi... in napoletano!

'o napulitano: L'infinito di Leopardi... in napoletano!: L'infinito in napoletano Semp amico m’è stato stu colle sulagno, e chesta fronna, ca nun me fa vedè l’ultema parte 'e stu orizz...







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mercoledì 22 aprile 2015

Nun sta bbuon... Nun sta bbon!

Nun sta bbuon... Nun sta bbon!


Un errore molto comune nel dialetto parlato è la confusione tra maschile e femminile in alcune frasi tipiche, come la sopracitata. 

Nun sta bbon -> femminile. Non sta bene LEI

Nun sta bbuon -> maschile. Non sta bene LUI.

 


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martedì 21 aprile 2015

capere, sucutare e ire

Il napoletano e il latino

Molte parole e molti verbi del nostro dialetto derivano, ovviamente, dal latino. Vediamone tre casi curiosi:

Capere, nun ce cape, ovvero non ci entra. Il verbo deriva dal latino capio, che vuol significare appunto prendere e contenere.

Sucutare/Secutare, Sucutalo! ovvero inseguilo. Il verbo deriva dal latino Sequor (secutus sum).

Ire, nun te ne ì! non te ne andare. Il verbo deriva dal latino ire, andare.

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lunedì 20 aprile 2015

Pappuliare, arricriare... spuzzuliare!

Pappuliare, arricriare... spuzzuliare! Il napoletano in cucina

Spieghiamo brevemente tre dei termini più utilizzati nelle cucine partenopee:

Pappuliare, riferito quasi esclusivamente al ragù, è una vera e propria onomatopea. Il ragù è pronto quando il rumore nella pentola è simile a uno scoppiettio.

Arricriare, originariamente Arricriarsi, ovvero ricrearsi, essere a tal punto soddisfatti di qualcosa che il corpo si rigenera, rinasce, s'arrecrea!

Spuzzuliare, dall'italiano spilluzzicare, ovvero assaggiare piccole quantità di cibo in maniera disordinata. 



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domenica 19 aprile 2015

Figlio 'e ntrocchia!

Figlio 'e ntrocchia, Ricchione... Vediamo velocemente l’etimologia di due degli insulti napoletani più diffusi

Ricchione, ovvero omosessuale: Ricchione deriva da orecchione, e fa riferimento all’uso di marinai e corsari di portare sugli orecchi dei pendagli simili a quelli degli uomini del Sud America (degli orecchini in pratica). Se a ciò si aggiunge che il dover stare mesi e mesi costretti in mare portava spesso ad episodi di omoerotismo… vien da sé spiegata l’origine del termine.


Figlio 'e ntrocchia , ovvero furbetto, figlio di donna di malaffare: Ntrocchia deriva dal latino intra oculos, tra gli occhi/negli occhi. 'O figlio 'e ntrocchia sarebbe quello che riesce a farti qualcosa negli occhi, ovvero sotto il naso, senza che tu possa accorgertene. 


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sabato 18 aprile 2015

Pucundria... puteca

Pucundria, puteca… ovvero il napoletano e il greco

Vediamo brevemente (ma già loabbiamo visto prima)l’origine greca di due dei termini più usati nel nostro dialetto!

Pucundria, ovvero tristezza, angoscia, profondo sentimento di depressione. Deriva dal greco ypochondrios, che alla lettera significa “da sotto il costato”, a sottolineare la provenienza di tale sentimento.


Puteca, ovvero negozio commerciale. Deriva dal greco apotheka, ovvero, “io ho deposto” .


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Vi ringrazio per la vostra attenzione e per il vostro sostegno. 

AP




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venerdì 17 aprile 2015

Gli aggettivi possessivi (seconda parte)

I possessivi plurali

Dopo l’articolo sul singolare, continuiamo la flessione dei possessivi in dialetto

Mie-miei -> Mee/Mije
Tue -> Toje/Tuoje
Sue -> Soje/Suoje
Nostre -> Noste/Nuoste
Vostre -> Voste/Vuoste

Loro -> Llore



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Cari lettori, 'O napulitano, il (ragazzo) napoletano, è un blog fondato nel 2015, e che a fasi alterne è attivo ancora oggi. Esso nasce dalla curiosità e dall'amore nei confronti del proprio dialetto. Senza alcuna pretesa 'didattica' in questo spazio si riportano i ragionamenti sulle espressioni più curiose che capitano all'orecchio del fondatore o dei suoi amici. A questi sono affiancati, di tanto in tanto, post con testi poetici, osservazioni sulla lingua scritta, e indicazioni sulla corretta scrittura, tutto ovviamente ancora lungo la linea del buon napoletano.  

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giovedì 16 aprile 2015

Mio, tuo... gli aggettivi possessivi

Gli aggettivi possessivi al singolare

Mio-Mia -> mio/mia
tuo-tua -> tuoje/toja
suo-sua-> suojo/soja
nostro-nostra -> nuosto/nosta
vostro-vostra -> vuosto/vosta
loro -> lloro

E il plurale? Continuate a seguire il blog!



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mercoledì 15 aprile 2015

Frutta e verdura!

Frutta e verdura!

Vasinicola -> dall’italiano basilico.
Cerase -> dal francese cerise, ciliegie.
Purtuallo -> dal greco portokalos, arancia.

Accio -> dallo spagnolo apio, sedano.



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martedì 14 aprile 2015

Piove... chiove!

Come si trasformano le parole italiane in napoletano?

Piove.. chiove. Piano… chiano. Piena… chiena! Vediamo oggi le parole che cominciano con il suono pj

Piove -> chiove. Il suono pj italiano diventa kj in napoletano.


Pjove, Kjove. Pjano, Kjano. E così via.


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lunedì 13 aprile 2015

Scem... Sciem

I plurali in dialetto.

Se il napoletano parlato taglia quasi tutte le vocali a fine parola, come si fanno i plurali?   Semplicemente con l’articolo plurale (le, gli -> in napoletano sempre 'e)

'o capill -> 'e capill

Modificando la radice della parola, ad esempio: 

'o scem -> 'e sciem
'o per -> 'e pier
'o uaglion -> 'e uagliun.


Per ora limitiamoci a questi pochi esempi. Continuate a seguire il blog. 


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domenica 12 aprile 2015

Dante in dialetto!

Come tradurre in napoletano uno degli incipit più famosi di sempre:


Nel mezzo del cammin di nostra vita 
mi ritrovai per una selva oscura 
ché la diritta via era smarrita. 


Bell’e bbuono,
me truaje rint''a nu bosco 'o scuro 

ch’ero perze 'a strada bbona. 



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sabato 11 aprile 2015

Cazzimma... da dove viene?

Parole tipiche, parte 1

Parole tipiche del nostro dialetto. Vediamo come si scrivono e da dove nascono:

Accattare -> Comprare. Dal francese achater.

Azzo! (Azz oh!) -> Probabilmente dal tedesco Ach so! (esclamazione di meraviglia) e non, come molti pensano, dall’abbreviazione di /K/azzo.

Pacchero -> schiaffo. Dal greco pan cheir, tutta la mano/mano intera.

Cazzimma -> semplicemente /K/azzo+imma (per –imma vedi s/k/azzimma, /sh/paccimma ecc).


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