lunedì 12 settembre 2022

Corso universitario su Raffaele Viviani

 Corso universitario su Raffaele Viviani


A partire dal 3 ottobre 2022, alla Federico II si aprirà il corso di letteratura teatrale 'le commedie di Raffaele Viviani'. Le lezioni saranno tenute da Antonio Perrone: https://www.docenti.unina.it/antonio.perrone





domenica 21 agosto 2022

So' rradeche e liane

 So' rradeche e liane 





                                                                                                                        Da Sutura, 2021. 


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Cari lettori, 'O napulitano, il (ragazzo) napoletano, è un blog fondato nel 2015, e che a fasi alterne è attivo ancora oggi. Esso nasce dalla curiosità e dall'amore nei confronti del proprio dialetto. Senza alcuna pretesa 'didattica' in questo spazio si riportano i ragionamenti sulle espressioni più curiose che capitano all'orecchio del fondatore o dei suoi amici. A questi sono affiancati, di tanto in tanto, post con testi poetici, osservazioni sulla lingua scritta, e indicazioni sulla corretta scrittura, tutto ovviamente ancora lungo la linea del buon napoletano.  

Per qualunque tipo di segnalazione o commento, oltre allo spazio lasciato qui sotto, potete scrivere a: perrone.anto@hotmail.com, o cercare su Facebook Antonio Perrone; è infatti possibile pubblicare post e approfondimenti a nome di altri, utilizzando questo blog come un luogo di condivisione pubblica. 

Vi ringrazio per la vostra attenzione e per il vostro sostegno. 

AP



venerdì 12 agosto 2022

Arrassusì

Arrassusì


 Arrassusì ca tu... 

Arrassusì ca nun te vene bbona


Cosa vuol dire arrassusì, formula di scongiuro per allontanare l'idea di un male imminente? La risposta la si trova nell'antico napoletano, dove ricorre la formula arrasso sia, ovvero 'stia lontano'. 

Un esempio lo si può trovare nell'Eneide napoletana di Nicola Stigliola (1699): «[...] Uh mamma mia, Tanta collera ’n Cielo? Arrasso sia!»


In breve, arrassusì, formula avverbializzata di arrasso sia significa semplicemente "Dio ce ne scampi". 



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domenica 22 maggio 2022

Il Gambrinus sbaglia il napoletano

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 Il bar più famoso di Napoli non conosce il napoletano


Ecco l'immagine di una poesia di Totò che si trova all'entrata principale del Gambrinus. In rosso abbiamo evidenziato gli errori: vi ricordano qualcosa? 


Abbiamo dedicato al problema la lezione precedente: qui




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martedì 17 maggio 2022

Un epigramma

 

Un epigramma





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L'errore più frequente in napoletano

L'errore più frequente nel dialetto napoletano, ovvero: l'apostrofo 


Sull'apostrofo siamo già intervenuti nel primo post di questo blog, datato 7 anni fa. Tuttavia quella volta siamo abbiamo discusso in merito alla sua posizione, se esso andasse anteposto o posposto all'articolo. 
Oggi interverremo sulla confusione che spesso avviene tra apostrofo e apice, con una piccola parentesi sull'utilizzo del circonflesso

Dunque, se è a questo punto chiaro che "'o napulitano" è la forma corretta, mentre "o' napulitano" non esiste, si può comunque incorrere in un errore, soprattutto se usiamo un font come Times New Roman. Ad esempio: Si scrive ‘o napulitano oppure ’o napulitano? 

La forma corretta è la seconda, perché solo nel secondo caso ci troviamo di fronte a un apostrofo, mentre nel primo abbiamo una semplice 'virgoletta'. Il consiglio, per risolvere più facilmente il problema, è certamente quello di utilizzare dei font che non differenziano tra apice e apostrofo (come nel caso presente): ' '. Tuttavia non finisce qui. 

Come si traduce: al braccio di mario? 'o vraccio 'e mario? 

La traduzione andrebbe bene se fosse stato "il braccio di Mario", ma come ci si comporta nel caso di preposizioni? Si usa il circonflesso! ô vraccio è la soluzione adeguata. Sull'apostrofo tuttavia torneremo ancora nei prossimi post. 







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sabato 14 maggio 2022

Aggio sciso, cu' tte ô vraccio: Davide Di Falco traduce Montale

 

Aggio sciso, cu’ tte ô vraccio


Aggio sciso, cu' tte ô vraccio, scarzo 'nu milione 'e scale;

mo' nun ce staje cchiù e oggne graro me vene male.

Pure parette niente 'nu viaggio luongo assà

e me scansasse (stongo ancora ccà)

'e ccumbinazzione, 'e pprenotazzione,

'e mastrille, 'e 'ntuòsseche 'e chi se penza

che è vero sulo chello che se sente…

Aggio sciso scarzo 'nu milione 'e scale cu' tte ô vraccio,

no pecché a qquatt'uocchie apparàvemo quaccosa,

ma pecché pe' scale (chesto 'o ssaccio)

me purtavi tu, ciecata e bbona.



Davide Di Falco






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domenica 24 aprile 2022

Nel napoletano non esiste il verbo dovere


                                                                            prosa 3.

Nel napoletano non esiste il verbo dovere, e la necessità si esprime con l’aiuto del latino: have’ ’a. Il dialetto più antico d’Italia, figlio di Roma e di Grecia, non conosce l’urgenza del fare. Il parlante medio, ignaro di questa lacuna, confonde così obbligo e possibilità: si havessa, ch’avessa, nunn havessa, possiedono allo stesso tempo il significato di dovere e potere. 
Il napoletano ha una grammatica rigida, ma è filologicamente scorretto. I suoi principi sono quelli della poesia: il ritmo, l’immagine, l’ambiguità del significato. È per questo che alla lengua nostra manca anche il verbo ‘amo’, poiché difettando nel condizionale, confonde il desiderio con l’eventuale.

                                                                                                                               Antonio Perrone









Le altre prose, non dedicate al dialetto, si trovano qui.



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